Un dramma incredibile per l’ex Inter ci ricorda come il calcio non sia solo trionfi, cori e riflettori ma dietro ci siano uomini in carne ed ossa.
A volte guardiamo i campioni solo attraverso il filtro delle vittorie, dei gol e degli applausi. Li immaginiamo come figure quasi intoccabili, lontane dai problemi che attraversano la vita di tutti i giorni. Però la realtà, senza ombra di dubbio, è molto diversa.
Dietro a quei calciatori che la domenica scendono in campo ci sono ragazzi e uomini che hanno conosciuto momenti bui, cadute e dolori che spesso rimangono nascosti al grande pubblico. E uno di questi racconti arriva proprio da un ex giocatore dell’Inter, che ha deciso di aprirsi come mai prima d’ora, facendo emergere tutta la parte più fragile della sua vita.
L’ex Inter si racconta
Si tratta di Gary Medel, centrocampista cileno che ha indossato la maglia nerazzurra dal 2014 al 2017 e che in Italia ha lasciato il segno anche al Bologna. Un giocatore conosciuto come “il Pitbull” per la grinta e la determinazione sul campo, ma che dietro quella corazza ha dovuto fare i conti con vicende personali tutt’altro che semplici. Nel podcast Mas que titulares, infatti, Medel ha raccontato senza filtri il suo passato, svelando un lato che in pochi conoscevano davvero.
“Ero a Bellavista, ubriaco, e la polizia mi ha fermato. La notizia è stata diffusa ovunque. Ma a me l’alcol non è mai piaciuto. Ora non bevo più. Da quel giorno in cui mi ha fermato la polizia, quando avevo 18 o 19 anni, ho detto che non avrei più bevuto, perché l’alcol non mi è mai piaciuto. Vivevo per ubriacarmi.” Queste parole, dure e autentiche, mostrano quanto il giovane Medel fosse finito in una spirale pericolosa, al punto da rischiare di compromettere la sua carriera e, senza esagerare, anche la sua vita.

Il cileno ha spiegato come quell’episodio sia stato un vero spartiacque: l’arresto, la vergogna, la consapevolezza di non voler più vivere in quel modo. Da lì è partita la sua rinascita, una scelta radicale che lo ha portato a non toccare più alcol e a cercare di dare un senso diverso alla sua esistenza, anche grazie al calcio. Un percorso difficile, che dimostra come dietro a un atleta ci sia sempre un essere umano che deve affrontare tentazioni, errori e debolezze.
Ma non è tutto. Nel suo racconto, Medel ha parlato anche di una ferita familiare che lo accompagna ancora oggi: quella legata a suo padre, tossicodipendente e ricoverato da un anno. Un peso enorme da portare, che fa capire quanto anche le figure più dure e combattive possano ritrovarsi a convivere con dolori profondi.
La storia di Medel è la dimostrazione che il calcio non è solo spettacolo e gloria, ma anche resilienza e rinascita personale. Il “Pitbull” che abbiamo ammirato in campo ha trovato la forza di rialzarsi nella vita, trasformando i suoi errori in una lezione. E oggi, con le sue parole, ci ricorda che dietro ogni campione ci sono sempre le cicatrici di un uomo vero.