Alla vigilia del match contro l’australiano Álex de Miñaur negli ottavi di finale di Wimbledon 2025, Novak Djokovic ha offerto un’analisi profonda e sincera sullo stato attuale del tennis professionistico. Il campione serbo, 38 anni, vincitore di 24 titoli del Grande Slam e sette volte trionfatore a Wimbledon, ha parlato apertamente delle pressioni psicologiche che colpiscono i tennisti, specialmente le nuove generazioni.
Durante una conferenza stampa, sollecitato dal giornalista serbo Sasa Ozmo, Djokovic ha risposto alla domanda sul crescente numero di giocatori che si dichiarano esausti o fanno ricorso agli antidepressivi. La sua riflessione ha messo in luce aspetti cruciali dell’equilibrio mentale nel mondo del tennis.
Uno dei punti centrali toccati da Djokovic riguarda l’influenza crescente dei social media nella vita degli atleti. “Le reti sociali sono onnipresenti. Hanno un impatto importante sullo stato d’animo e sul ritmo quotidiano degli sportivi. Colpiscono i giovani, ma anche noi veterani”, ha dichiarato il numero sei del seeding a Wimbledon.
Il fuoriclasse serbo ha proseguito evidenziando i rischi legati all’eccessiva esposizione: “Tutti siamo sui social. Si può facilmente perdere il contatto con la realtà, diventare ossessionati da commenti anonimi, da ciò che viene scritto dietro uno schermo. Questo fa male, non è una cosa banale. È un tema che dobbiamo affrontare seriamente.”
Secondo Djokovic, la pressione precoce è una delle principali minacce per i giovani talenti. “La realtà è che si spinge troppo presto i giovani verso la professionalizzazione, prima che abbiano sviluppato l’intelligenza emotiva, fondamentale per affrontare la vita. Quando si scopre un talento, l’unico obiettivo diventa farlo giocare il più possibile.”
Il problema, secondo il campione, si aggrava quando entrano in scena vari soggetti interessati solo al successo economico: “Agenti, sponsor, manager: tutti vogliono che il giocatore continui a competere senza sosta per massimizzare i guadagni. Questo genera un circolo vizioso che può distruggere la salute mentale del tennista.”
Djokovic ha anche evidenziato la durezza strutturale del circuito ATP. “Il tennis ha la stagione più lunga di qualsiasi altro sport, da gennaio a fine novembre. Anche altri sport durano tanto, ma qui sei da solo. È un gioco individuale: non ci sono sostituzioni, non esistono scuse o pause.”
“Ogni punto conta, ogni giorno pesa. Se vuoi stare in cima, devi plasmare tutta la tua vita intorno al tennis. Ti perdi, ti consumi. Ed è troppo per molti,” ha concluso il campione serbo con tono deciso ma realista.
Le parole di Djokovic risuonano forti nel mondo del tennis. Il suo intervento non è solo una testimonianza personale, ma una denuncia lucida e consapevole delle problematiche sistemiche che affliggono il circuito professionistico. Con la sua esperienza, Djokovic lancia un appello a federazioni, team e media: è il momento di rimettere al centro la salute mentale degli atleti, prima che sia troppo tardi.
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